martedì 30 ottobre 2007

Ron Cruise & Paul Pistols

Celebrità vecchie e nuove...






I media americani si muovono. Francesco sul blog ha riassunto in cifre il crescendo di Ron Paul: internet, YouTube, i meetup che da gruppi virtuali si materializzano sul territorio. Fin qui c'era ancora chi sorrideva. Quando i rendiconti trimestrali hanno mostrato l'impennata -e l'attivo di cassa- del parlamentare texano, la pragmatica stampa americana ha cominciato a prendere sul serio il personaggio che riteneva marginale, eccentrico. Paul ora ha i soldi per la traversata degli States nei lunghi mesi delle primarie, e per pagare i costi degli inevitabili spot che lo presenteranno a trecento milioni di connazionali. Persino il New York Times, giornale interprete delle élites americane, pubblica un articolo corretto, anche se non risparmia comunque una frecciata sul presunto appoggio a Ron Paul di ambienti razzisti. E' un tema -la delegittimazione, più che il razzismo- su cui converrà ritornare. Intanto stasera per Ron una consacrazione televisiva prima impensabile: è invitato ad un talk show tra i più visti d'America, il Tonight Show condotto da Jay Leno, che vanta in Italia pallidi tentativi d'imitazione, come quello di Fabio Fazio. Al Tonight Show, Ron Paul sarà incastonato tra Tom Cruise e i redivivi Sex Pistols. Niente male per un candidato di nicchia! La vicenda è raccontata anche dal New York Times nell'articolo, dedicato al braccio di ferro dei media, che ora Ron Paul è "pronto a piegare". Vengono segnalati i primi due spot televisivi in onda negli Stati più vicini alle primarie, nel New Hampshire in particolare, tradizionalmente un test di rilievo. E proprio nello stato nord-orientale, prima dei lanci pubblicitari, i sondaggi fanno balzare Ron Paul all'8%, dopo che per mesi nessuno lo dava neanche alla metà. C'è da dire che l'attendibilità dei sondaggi è messa più che mai in discussione, e non solo dai paulites. Ho letto che anche gli istituti più accreditati usano fare polls su base di solo 3-400 telefonate in tutti gli Stati Uniti! Mentre in Italia, dove la popolazione è un quinto di quella americana, abitualmente vengono testate mille persone di media... Gli spot, molto semplici, vanno in onda da tre giorni, ed hanno un buon successo “di critica”. La semplicità del candidato, buon medico di provincia, e il ritiro dall'Iraq sono i punti forti dei messaggi. Paul stesso in uno dei due spot sostiene "che non appena fermeremo lo spreco di miliardi di dollari nelle guerre, potremo sempre aiutare chi ha bisogno". Alcuni commentatori hanno visto con favore questa frase: Paul va a temperare uno dei punti controversi del pensiero libertario, il timore di un ulteriore disimpegno pubblico verso i più deboli. In che modi Paul potrà attuare questa svolta si vedrà, ma intanto il segnale è dato. Anche gli sforzi dei volontari si vanno ora concentrando sul New Hampshire. Vedremo tra qualche giorno l'aggiornamento dei sondaggi. Chi può, intanto si prepari a vedere il vecchio Ron tra i vecchi...Sex Pistols

lunedì 29 ottobre 2007

Perché la sinistra pacifista deve appoggiare Ron Paul


Monumento alla Pace davanti al parlamento americano


di Mike Mejia

da OpEdNews.com, 6 Ottobre 2007

Devo ammettere che sono d’accordo solo con il 10% o il 20% delle posizioni politiche di Ron Paul. Lui è anti-abortista, io a favore. Paul crede che sanità pubblica significhi medicina socializzata. Io credo che una forma di estensione nazionale della sanità pubblica sia essenziale per gli USA per diventare un paese civilizzato come quasi tutti gli altri paesi industrializzati. Rimasi allibito quando il Congresso si arrese al settore bancario con la nuova legge sulla bancarotta. Paul votò a favore di questa legge atroce.
Eppure, con tutte le differenze tra i miei punti di vista e quelli di Paul, sto pensando di farmi forte e votare per lui nelle primarie del Partito Repubblicano. La ragione è semplice. Paul è l’unico candidato alla Presidenza, assieme a Dennis Kucinich e Mike Gravel [Democratici, ma con pochissime possibilità di elezione], che riconosce i pericoli che la continua espansione dell’impero statunitense pone alle nostre libertà e alla nostra qualità di vita. In parole povere, quel 20% su cui andiamo d’accordo, più di tutto determinerà la qualità della vita americana nei prossimi decenni.
Paul è anche l’unico candidato con le palle a dirci le cose come stanno riguardo la “guerra al terrorismo”: la ragione per la quale gli USA sono esposti a così tante minacce terroristiche è la nostra politica estera interventista. Di questo interventismo, sfortunatamente, non si possono solo accusare i repubblicani: dalla Corea al Vietnam, i politici democratici hanno cercato di gestire gli affari di altri paesi. In alcuni casi, gli Stati Uniti hanno apparentemente ottenuto qualche risultato nel ‘selezionare’ i leader di questi altri paesi. Ma come nel caso dell’intervento in Iran negli anni '50, questi ‘successi’ hanno ottenuto un blowback [conseguenza imprevista], per cui è chiaro che il non-intervento sarebbe stato la politica migliore.
Il programma di Paul per ottenere successo in Iraq e Afghanistan è semplice: “Via subito!” Una posizione più in sintonia con la sinistra anti-guerra che non quella dei candidati Democratici più gettonati. Da John Edwards a Hillary Clinton, le posizioni dei Democratici [tranne Kucinich e Gravel] sulla guerra dipendono dai risultati dell’ultimo sondaggio; il signor Paul, d’altro canto, è stato coerente nella sua posizione: l’occupazione è la causa, non la soluzione, del terrorismo.
So che alcuni saranno fortemente contrari al mio sostegno verso Paul. Accuseranno i suoi punti apparentemente di ‘estrema destra’, quali le posizioni pro-business in molte occasioni, ed il suo rigido sostegno al libero porto d'armi. Alcuni le definiscono posizioni da pazzo. Ma Paul non è nè pazzo nè di estrema destra. È un Repubblicano Libertario che da decenni oramai vanta principi coerenti. Tante sue proposte probabilmente non diventeranno mai legge: non penso che la Social Security, l’IRS, la Federal Reserve e la CIA verranno mai abolite. In più, è difficile che gli Stati Uniti ritornino mai al gold standard, come vogliono la maggior parte dei Libertari.
Nonostante tutto ciò, se Paul diventasse Presidente, credo che sarebbe la prima volta che il governo americano avrebbe un leader che utilizzerebbe le forze armate solo come ultimissimo metodo. Penso che avremmo una vera chance di diminuire le ambizioni imperiali americane, o almeno di frenarle un poco. Anche se Paul non vincesse, come la maggior parte degli esperti predice, ogni voto alla sua candidatura è un voto a favore di quello che George W. Bush nel 2000 chiamò una politica estera “più modesta”.
Personalmente, vorrei votare uno che ha una certa sostanza, come Paul, piuttosto che un politicante puro come la Clinton, Edwards e Obama. C’è tantissimo tempo prima di votare per il minore dei due mali nell’elezione generale. Secondo me, chi vuole veramente cambiare la politica estera degli Stati Uniti deve darsi da fare e votare per qualcuno che, anche non si è d’accordo con tutte le sue idee, è un forte e inflessibile candidato anti-guerra.




Tradotto da Francesco.

sabato 20 ottobre 2007

Due italiani per Ron Paul


Cioè due italiani che senza Ron Paul, e senza Internet, non si sarebbero mai incontrati.

Io vivo in Italia, Francesco è in giro per il mondo...

Abbiamo età ed esperienze diverse, la nostra filosofia di vita non è necessariamente identica, e nemmeno di Ron Paul condividiamo sempre tutto.

Ma entrambi siamo rimasti colpiti dalla personalità di questo medico di Pittsburgh, un nonno con lo sguardo vivace di un bambino, sobrio, lineare, mai sfiorato da un sospetto. In Italia, si sa, questo è già molto.

Il vecchio Ron, come il bambino della favola, ha il coraggio di dire una cosa semplice: “il re è nudo”, ovvero la politica è malata, nuda, ma è coperta da un mantello di ipocrisia, adorno di belle parole vuote.

Libertà, pace, democrazia, giustizia, sicurezza, oggi come non mai, sono parole che nascondono il loro contrario. E' la profezia di George Orwell, e di molti osservatori scomodi da ascoltare.

Ma anche il senso comune della gente lo capisce, basta staccare la spina dell'informazione taroccata. L'animo umano non affossa mai del tutto il suo originario desiderio di verità, di bene, di giustizia. E' proprio il risveglio del senso comune nel popolo americano, l'altro aspetto che ci ha simpaticamente spiazzato e coinvolto nell'avventura: un fiorire variopinto di attivismo gratuito, allegro, soprattutto i giovani e le famiglie si mettono in gioco per un candidato Presidente che sentono “vero”.
Sono preoccupati per il futuro dei loro figli, tra debiti crescenti e guerre infinite.


Nello smarrimento generale, anche senza sapere tutto di banche centrali e di politica estera, si fidano di Ron Paul perchè capiscono che parla una lingua più onesta degli altri. Migliaia di video su YouTube e un arcipelago senza fine di siti testimoniano questo coinvolgimento popolare, raro in America, un lontano ricordo in Italia.

Ron Paul serenamente combatte per la sua “rivoluzione”, o forse per una sana “restaurazione”, vista l'insistenza per il ritorno alla Costituzione, ai Padri Fondatori e ai valori tradizionali in genere.
In quest'Occidente che non si sente più tanto bene, il dr. Paul indica una via per recuperare salute, dignità e speranza nel vivere associati.

Qui vogliamo raccontare in italiano un po' della favola vera di Ron Paul, e dei molti spunti politici che ne vengono, anche se il compito in effetti è superiore alle nostre forze. Cercheremo di aiutarci traducendo e segnalando altri contributi dalla rete, e accoglieremo volentieri chi vuole intervenire.





Andrea

domenica 14 ottobre 2007

Dibattiti televisivi con Ron Paul



dal dibattito televisivo sul network Cnbc, 9 Ottobre 2007


Moderatore: Deputato Paul, lei ha sollevato critiche sul “far west” finanziario, sulla gestione degli “hedge funds”...
Paul: Si, non penso comunque che sia una conseguenza del mercato libero. Sta
avvenendo un trasferimento di ricchezza dalle classi basse e medie verso i ricchi. E' una conseguenza diretta del nostro sistema monetario: quando aumenta l’inflazione di una moneta o la si rovina, la classe media scompare. Il risultato è che i primi a beneficiare sono i primi che hanno l’occasione di usare la moneta creata dalla Federal Reserve [banca centrale USA]: i soldi dunque gravitano verso le banche e verso Wall Street. Perciò abbiamo più miliardari che mai, mentre per tanti altri oggi questo paese è in piena recessione. In Michigan si sa. La classe media lo sa. Wall Street non lo sa?! Washington
non lo sa?! È a causa del sistema monetario e delle spese eccessive del governo
centrale. Più viviamo aldilà dei nostri mezzi, più saremo destinati a vivere al di sotto dei nostri mezzi, e ormai abbiamo vissuto oltre i nostri mezzi, perchè finanziamo una politica estera talmente stravagante e al di fuori del nostro controllo. E così anche le nostre spese interne. E dipendiamo dalla creazione dei soldi dal nulla, ovvero una delegittimazione della nostra moneta. È una moneta falsa, ed il risultato naturale e prevedibile è che qualcuno ne beneficia e molti ne soffrono. Se vogliamo un’economia sana bisogna studiare teoria monetaria e scoprire perchè stiamo soffrendo. Non tutti soffrono in ugual modo, sennò la situazione non sarebbe così critica. Sono sempre i poveri, chi vive di pensioni, a soffrire di più. Invece i politici e chi ha più credito, il complesso militare e industriale, fanno un sacco di soldi e ne approfittano.
Moderatore: Una società straniera, del Dubai, può possedere il 20% del Nasdaq?
Paul: Se non è in conflitto con la nostra sicurezza nazionale, certamente sì.
Moderatore: Deputato Paul, lei sarebbe andato in guerra in Iraq senza la nostra dipendenza dal petrolio del Medio Oriente?
Paul: Non penso, ma non dovrebbe essere questa la ragione. Quella teoria è vecchia. È mercantile e neocoloniale l'idea di assoggettare le vie di commercio e le risorse naturali. Temo comunque che ancora molti pensino così. Ci dissero che era per il petrolio e per proteggere posti di lavoro che cominciò nel 1990 [la prima guerra del Golfo], e questa [la guerra in Iraq] è una continuazione di quella. Sì, è stato un errore invadere. È un errore pesante con tante conseguenze economiche: stiamo andando in bancarotta, abbiamo quest’enorme deficit, spendiamo circa $1.000 miliardi per mantenere il nostro impero mondiale. E' un grande costo. Ora abbiamo $2.700 miliardi di debiti verso stranieri.
Così si capisce perchè gli stranieri hanno i soldi per ritornare da noi e comprare di tutto, e dopo noi ci lamentiamo. Ripeto, sono conseguenze del nostro attuale sistema monetario che determina la nostra politica estera. Allora, se vogliamo prosperità, dobbiamo cambiare la nostra politica estera. Dobbiamo vivere al meglio dei nostri mezzi, ma non possiamo sostenere una moneta di riserva il cui maggior export sono banconote di carta. Creiamo soldi dal nulla, e nel mondo continuano ad accettarli come se fossero ancorati al valore dell’oro. Ecco perchè tutti questi soldi vanno all’estero. Allo stesso tempo finanziamo tutte le nostre missioni militari, mandando in bancarotta la nazione. Inoltre, questa è una
minaccia alle nostre libertà personali negli USA e sarà una minaccia alla nostra economia perchè ora cominciamo a vivere al di sotto dei nostri mezzi, come contraccolpo di aver vissuto troppo oltre i propri mezzi. Dobbiamo dunque cambiare la nostra politica estera ed interna.
Moderatore: Deputato Paul, lei crede che il Presidente abbia bisogno dell’autorizzazione del Congresso per attaccare determinati obiettivi in Iran, come le basi nucleari?
Paul: Assolutamente sì! L’idea di consultare degli avvocati [avanzata dall'altro candidato Romney durante il dibattito] mi sciocca completamente. Perchè non apriamo la Costituzione e leggiamo quello che c’è scritto?! Non si può andare in guerra senza un’autorizzazione! [del parlamento] Allora, se ci attaccano all'improvviso, sì. Comunque, in 220 anni non è mai successo, e l‘idea che gli iraniani rappresentino una minaccia imminente agli Stati Uniti è totalmente infondata. Non è possibile, è solo propaganda continuata con lo scopo di
preparare questa nazione alla guerra, e di portare questa guerra non solo in Iraq, ma pure in Iran. È incostituzionale, è una strada che ci porterà al disastro come nazione. È una strada anche verso il nostro disastro finanziario, il fatto di non leggere la Costituzione di tanto in tanto...
Giuliani: … quello che diceva l'on.Paul prima, che non abbiamo mai subito
un attacco, mi domando dove fosse lui l’11 settembre!
Paul: Non era uno stato, una nazione, ad attaccarci! Erano 19 criminali. Non c’entrava niente uno stato!
Moderatore: I sondaggi mostrano che il Partito Repubblicano è conosciuto come il partito della sicurezza nazionale e dei valori morali. Gli stessi sondaggi confermano però che gli elettori confidano nei Democratici per fronteggiare i problemi economici. Come farete a riguadagnarvi la loro fiducia? deputato Paul?
Paul: prima di tutto, dobbiamo avere un’economia sana, e non ce l’abbiamo: siamo supertassati, pieni di regole, usiamo una moneta che non funziona, la nostra ricchezza diminuisce e siamo troppo sparsi per il mondo [militarmente]. Non si può avere un’economia forte nel proprio paese se si spendono tutti i soldi oltreoceano. Non puoi neppure avere una forte difesa nazionale se spendi tutti questi soldi all’estero in guerre che non stiamo vincendo. Se vogliamo dunque un’economia funzionante dobbiamo cambiare questa politica e non possiamo sussidiare i contadini e l’etanolo – è un approccio sbagliato. I cittadini pagano per i sussidi per poi ritrovarsi prezzi gonfiati di carburanti e cibi: non ha mai funzionato.
Moderatore: i sindacati sono un fattore positivo per l’America?
Paul: Il diritto di formare un’unione sindacale è un diritto basilare di ogni categoria. Dev’essere possibile organizzarsi. Non ci dovrebbero essere privilegi o incentivi legislativi speciali a favore delle unions, ma non si deve mai impedire ai lavoratori di unirsi per negoziare le condizioni contrattuali.
Moderatore: Deputato Paul, lei si impegna a sostenere chi vincerà la nomination repubblicana l'anno prossimo?
Paul: Per il momento no. A meno che si decidano a farla finita con la guerra e a
ritirare le nostre truppe, e che siano disposti ad agire contro le spese eccessive. No, non li sosterrò se continuano a sotterrare questo partito. Mettiamo in chiaro un cosa: abbiamo perso credibilità a causa di tutte le nostre spese, perchè abbiamo violato le nostre libertà civili ed abbiamo adottato la politica estera dei Democratici. Perchè non torniamo alla originaria politica estera di George Bush [del 2000] , una modesta politica estera, senza pretesa di nation-building [costruzione delle nazioni degli altri] e senza l’obbligo di essere il
poliziotto del mondo? Solo se fanno tutto questo darò il mio sostegno.








Tratto da:

http://freep.com/apps/pbcs.dll/article?AID=/20071009/NEWS02/71009073

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Dibattito televisivo su Fox, 5 Settembre 2007


Moderatore: Fred Thompson [popolare attore americano e già senatore] annuncerà la sua candidatura alla presidenza proprio stasera stessa da Jay Leno [talk-show televisivo famoso negli USA]. I sondaggi lo danno secondo o terzo. La domanda è questa: Chi è stato più furbo, voi [candidati repubblicani] che siete qui da noi, e avete già tanta strada alle spalle, o il senatore Thompson che è andato da Jay Leno?
Ron Paul: Sono fiero di dividere il palco con questi signori perchè siamo in corsa verso la presidenza, e siamo felici di essere qui. Sono grato dell’opportunità che mi è stata data.
Moderatore: Deputato Paul, lei sta facendo una campagna impegnativa, capillare e incessante. E guardi dov’è ora Thompson e dove siete tutti voi. Che ne pensa?
Ron Paul: Beh, gli dò il benvenuto in questa competizione, perchè lui livellerà il voto degli altri a mio vantaggio, perchè lui è favorevole alla guerra [come gli altri] e io sono l'unico candidato contro la guerra, e rappresento la posizione repubblicana tradizionale.
Moderatore: Deputato Paul, mi permetta di toccare un' altra questione, a proposito di armi, che la riguarda. Lei ha detto che gli attentatori dell’11 settembre sarebbero stati meno sicuri di riuscire nell'intento, sapendo che i passeggeri a bordo potevano avere delle armi. Abbiamo visto voli bloccati perchè la gente ha sentito parlare arabo, perchè ha visto mulsulmani pregare. Cosa pensa che succederebbe all’industria del turismo di questo paese se i passeggeri pensassero che altri portano pistole a bordo?
Ron Paul: Per cominciare, lei mi ha citato erroneamente. Ho detto che la responsabilità della protezione dei passeggeri spetta alle compagnie aeree, non al governo o ai passeggeri. La compagnia aerea è responsabile degli aeroplani e dei passeggeri. Se non dipendessimo dal governo federale che dice “niente armi” e quindi niente resistenza, allora i terroristi avrebbero potuto cambiare idea, con la responsabilità della sicurezza affidata alle compagnie. Invece, aspettavamo che il governo si prendesse cura di noi. Dopo l’11 settembre, invece di continuare sulla strada della responsabilità individuale, della proprietà privata e del secondo emendamento [diritto di possedere armi da fuoco], ci siamo mossi nella direzione opposta. Abbiamo delegato tutto al governo federale. E guardate ora il pasticcio che c’è agli aeroporti. Voglio dire, le compagnie aeree, le industrie private, proteggono la loro proprietà continuamente. C’è gente che porta i soldi in giro usando furgoni armati tutto il tempo. Mentre qui abbiamo un esempio di intromissione del governo federale, e ne è venuto fuori un macello [nella gestione della sicurezza degli aeroporti, e
nella restrizione dei diritti individuali, sempre ai fini della sicurezza]. Se invece avessimo dato la responsabilità a chi di dovere, rispettando il secondo emendamento, credo sinceramente che ci sarebbe stata molto meno probabilità di un fatto come quello dell’11 settembre.
Moderatore: Deputato Paul, la sua posizione sulla guerra è semplice: andiamocene. Come pensa però di evitare il massacro che sicuramente ci sarebbe lasciando l'Iraq in fretta e furia? Cosa dice delle migliaia di iracheni che hanno rischiato la vita per sostenere gli Stati Uniti? Infine, lascerebbe delle truppe nella regione per eliminare le basi di al- Qaeda che potrebbero sorgere dopo la nostra partenza?
Ron Paul: A dire che ci sarà un massacro, sono gli stessi che dissero che la guerra sarebbe stata una passeggiata, e che ci saremmo ripagati con il petrolio. Perchè credergli ancora? Hanno sbagliato ogni loro previsione. Allora perchè invece non ascoltare il parere di chi sosteneva di non entrare in quella regione, e di non fare la guerra? La guerra è andata malissimo. Sì, io mi ritirerei del tutto. Perchè lasciare le truppe laggiù? Il fatto che abbiamo divisioni in Arabia Saudita viene dato come una delle ragioni per l’attacco dell’11 settembre. Perchè lasciarle? Nella penisola arabica non ci vogliono. E non serve alla nostra sicurezza nazionale. E andare in Iraq, in Afghanistan, ora minacciare l’Iran, è la peggiore cosa che si possa fare per la nostra sicurezza nazionale. Io sono meno sicuro, il popolo americano si accorge di essere meno sicuro. Questa politica è
sbagliata. I movimenti tattici, i soldati che un po' partono e un po' rientrano, ne
aggiungiamo 30.000 e ne mandiamo a casa 5.000... è totalmente irrilevante. Abbiamo bisogno di una politica estera che dica che dobbiamo farci gli affari nostri, ritirare le truppe, difendere questo paese, difendere questi confini!
Moderatore: Deputato Paul, ha 30 secondi per rispondere alla domanda. Lei dunque ci sta dicendo che prende i suoi ordini da al-Qaeda? Se loro ci vogliono fuori dalla penisola arabica, ce ne dovremmo andare?
Ron Paul: NO!! Sto dicendo che i nostri ordini li dobbiamo prendere dalla Costituzione!! Non dobbiamo andare in guerra… Non dobbiamo andare in guerra senza una dichiarazione! Non dobbiamo andare in guerra quando è una guerra offensiva! Questa è un’invasione offensiva. Noi abbiamo attuato un'invasione, con questa guerra, ed è illegale secondo le leggi internazionali. Ecco dove prendo i miei ordini, mica da un qualsiasi nemico!

Mike Huckabee [altro candidato repubblicano]: E su questa faccenda, quando dice che non possiamo ritirarci finchè non avremo lasciato con onore, io sono d’accordo con lui [Ron Paul] al 100% perchè , deputato Paul, se abbiamo fatto bene o meno ad invadere l’Iraq, è una discussione per gli storici, ma ora noi siamo laggiù. Abbiamo un debito d’onore verso questa nazione, verso l’onore di ogni uomo e donna che ha servito in Iraq e ha servito nel nostro esercito. Il nostro patto è di non lasciarli con niente di meno dell’onore che si
meritano.
Ron Paul: Posso rispondere?
Moderatore: Prego. Lei vuole rispondere? È stato fatto il suo nome, dunque risponda pure.
Ron Paul: Non è stato il popolo americano ad andare in Guerra. Alcuni consiglieri di questa presidenza, un numero ristretto di persone, i cosiddetti ”neoconservatori” [Libby, Wolfowitz, Cheney, Rumsfeld, Bush ecc.] hanno dirottato la nostra politica estera! Loro sono i responsabili, non il popolo americano. Sono loro i responsabili...
Mike Huckabee: Deputato, noi siamo UNA nazione. Non possiamo essere divisi. Dobbiamo essere una nazione sotto Dio. Questo significa che quando commettiamo un errore, lo facciamo da paese unico: gli Stati Uniti d’America, non gli Stati Divisi d’America.
Ron Paul: No. Quando facciamo un errore, è dovere del popolo, tramite i suoi
rappresentanti, di correggere l’errore, non di continuarlo!
Mike Huckabee: Ed è questo che facciamo al Senato.
Ron Paul: No. Ci siamo scavati la fossa non solo per noi, ma pure per il nostro partito. Perdiamo elezioni su elezioni e perderemo anche questa se non cambiamo, tutto per colpa della nostra politica estera. È ora di svegliarci di fronte a questo fatto.
Mike Huckabee: Anche se perdiamo le elezioni, non dovremmo perdere il nostro onore, ed è più importante del Partito Repubblicano.
Ron Paul: Abbiamo perso più di 5.000 americani laggiù in Afghanistan ed Iraq, senza contare tutti i civili uccisi. Quanti ancora ne vuole perdere? Quanto tempo vuole restare ancora? Cosa dobbiamo fare per salvare la faccia? Tutto quello che facciamo è per salvare la faccia?! È ora di tornare a casa.
Moderatore: So che un tempo lei voleva abolire l’FBI. Non sono sicuro se lei tuttora sostenga questa idea. Ce lo potrebbe dire? Ma se lei abolisce la CIA, e figuriamoci, l’FBI, che fonti di intelligence avrebbe il Presidente Paul? Come farebbe a sapere cosa fanno i nostri nemici, interni e stranieri?
Ron Paul: Beh, potrebbe fare una domanda migliore. Prima dell’11 settembre,
spendevamo 40 miliardi all’anno, e l’FBI produceva numerose informazioni su persone addestrate a far volare aerei ma incapaci di atterrarli. Fu totalmente ignorato. È dunque l’inefficienza della burocrazia il problema. In seguito si è voluto creare il gigantesco nuovo Department of Homeland Security, spendendo così più soldi, ma non abbiamo risolto il problema. Sì, abbiamo tutto il diritto di raccogliere informazioni delicate. Abbiamo però bisogno di persone intelligenti che interpretino queste informazioni. Tentare esclusivamente di aumentare i poteri presidenziali, come ventilato [dagli altri candidati repubblicani], mi disturba assai. Ci misero in guardia, [i Padri Fondatori degli Usa] dall'idea di sacrificare la libertà per la sicurezza. Perchè dimentichiamo che quando si sacrifica la libertà per la sicurezza, si perdono tutte e due? Sta succedendo in questo paese, oggi. Abbiamo una nuova carta d’indentità nazionale in arrivo, invasiva e sofisticata. Abbiamo abusi nel controllo elettronico dei cittadini. Abbiamo perquisizioni senza mandato. Abbiamo perso l'habeas corpus. Abbiamo sparso prigioni segrete in tutto il mondo e la tortura continua! Questo non è degno dell’America, e dobbiamo usare il potere della Presidenza per rimettere ordine, prenderci cura di noi stessi, e proteggere questo paese e le nostre libertà!
Moderatore: Il Consiglio di Sicurezza ONU ha imposto alcune sanzioni economiche all’Iran, ma si è rifiutato di autorizzare l’uso della forza contro quel paese. In più, le minacce contro Israele sono sempre più aggressive e spinte. Cosa farebbe?
Ron Paul: Beh, ricorderei chiaramente che il Presidente non ha l’autorità per dichiarare la guerra. Deve andare al Congresso. Va in Congresso e cerca di scoprire se effettivamente c’è un rischio per la sicurezza nazionale. Pensando agli anni sessanta, quando ero nell’aeronautica militare durante la Guerra Fredda, i sovietici avevano 40.000 armi nucleari. Li fronteggiammo, senza dover arrivare ad una crisi nucleare. Direi dunque che dovremmo essere molto cauti. Dovremmo fare un passo indietro, e parlare con l’Iran, ora.
Non dovremmo cercare il pretesto per l'attacco. Per ora, secondo l’IAEA [agenzia atomica internazionale], l'Iran sta collaborando e entro la fine dell’anno dovrebbe chiarire tutto ciò che sta facendo. Dunque, invece di cercare a tutti i costi uno scenario nel quale l’attacco sarebbe inevitabile, dovremmo valutare come comportarci verso soggetti pericolosi, come sono stati i cinesi, i sovietici e tanti altri. Non dobbiamo ricorrere alla guerra ogni santa volta che
c’è un confronto! L'Iran non è una minaccia per Israele. Israele ha 200 o 300 missili nucleari, sa prendersi cura di se stesso. Non bisogna dunque pensare ad una nuova guerra. Sicuramente, non dobbiamo farlo senza il consenso del Congresso.


Tradotto da Francesco con commenti in [ ] per chiarire certi aspetti.

Tratto
http://www.foxnews.com/story/0,2933,295886,00.html


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Dibattito televisivo del 06/07/2007


Moderatore: Presentiamo dunque i candidati. (...)
Ron Paul: Sono Ron Paul. Sono deputato del Texas al decimo mandato. Sono un paladino della Costituzione.
Moderatore: Deputato Ron Paul, gli Stati Uniti quanto tempo dovrebbero restare in Iraq?
Ron Paul: Prima torniamo meglio è. Se a settembre il governo dice che non ci sono miglioramenti, dobbiamo andarcene. È stato un errore andare, ed è un errore rimanere. Se fai una diagnosi sbagliata, devi cambiare la terapia. Le armi di distruzione di massa non c’erano, e siamo entrati sotto risoluzione ONU. La nostra sicurezza nazionale non era minacciata. Siamo più minacciati ora che ci restiamo.
Moderatore: Deputato Paul, vorrei la sua opinione. Se non sbaglio lei votò a favore della rete di protezione di 700 miglia lungo la frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti. È corretto?
Ron Paul: Sì
Moderatore: E il Canada? C’è bisogno di una simile rete lungo il confine tra il Canada e gli Stati Uniti?
Ron Paul: No, non è questione di rete. E' importante la legge sull'immigrazione, la sicurezza del confine è importante. Abbiamo anche parlato di amnistia, per i clandestini, ma io sono contrario. Una cosa non è stata citata, molto importante per me. Se agevoliamo un fenomeno, questo si espande. Se diamo la cittadinanza facile, per diritto di nascita negli USA, o tramite amnistia, si espande l’immigrazione illegale. Allo stesso tempo costringiamo i nostri stati e le comunità locali a pagare per la sanità e l’educazione degli immigrati clandestini. È ovvio che poi fanno venire la loro famiglia. Per le nostre condizioni economiche abbiamo bisogno di manodopera. Se avessimo veramente una economia di mercato libero, gli immigranti non sarebbero più maltrattati. Avremmo bisogno di loro, e sarebbero accolti adeguatamente, ma con l'attuale sistema sono ridotti in condizioni inaccettabili.
Moderatore: Deputato Paul, lei si candidò alla Presidenza come Libertario [indipendente dai due partiti maggiori nel 1988]. Cosa ne pensa dei rapporti tra Stato e Chiese, problema che torna alla ribalta?
Ron Paul: Beh, dobbiamo leggere il primo emendamento che dice “Il Congresso non deve formulare leggi.” [si riferisce alla sovranità dei singoli Stati dell'Unione] Dovremmo scrivere molte meno leggi al riguardo. Non il Presidente o il Congresso. Dovrebbero scriverle le popolazioni e gli amministratori locali. Lo Stato [centrale] non deve decidere troppe cose, non abbiamo proprio bisogno di altre leggi su questioni religiose o sulle preghiere a scuola. Devono farlo a livello locale. Questo dice la Costituzione. Non abbiamo bisogno di qualcuno a Washington che ci dice cosa possiamo fare o non, perchè non sanno tutto di ogni materia. E' un aspetto magnifico della nostra Costituzione e della nostra Repubblica: affrontiamo problemi complessi a livello locale, e non abbiamo un modello uniforme. Se invece c’è una sentenza della Corte Suprema come la “Roe vs Wade” [caso che legalizzò l’aborto a livello federale], compromette tutto. Perciò non dobbiamo avere certe scelte a livello centrale.
Moderatore: Nel 2005 Bush firmò una legge sull’energia che concesse alle compagnie petrolifere tagli di tasse per miliardi di dollari e altri aiuti, allo scopo di spingere l’economia interna, in un periodo di profitti record. Lei crede che queste compagnie abbiano davvero bisogno di una mano dal governo federale?
Ron Paul: Non penso che il problema siano i profitti. I profitti sono opportuni ammesso che vengano guadagnati legittimamente in un mercato libero. Io mi oppongo ai sussidi per le grandi multinazionali, come stiamo facendo, e gli paghiamo anche la ricerca! Non deve essere così. Dovrebbero investire coi loro utili. Comunque, non possiamo parlare di energia senza parlare della nostra politica estera. Perchè siamo in Medio Oriente? Tutti sanno che il petrolio è un aspetto molto importante del Medio Oriente, e il motivo della nostra presenza. Perchè il nostro governo aiutò la destituzione di Mossadeq [leader eletto
dell’Iran] nel 1953? Aveva a che fare con il petrolio. Dunque, la nostra politica estera è strutturata in modo tale da proteggere i nostri interessi petroliferi. Il problema non sono i profitti. Il problema è che cediamo alla tentazione di proteggere i nostri interessi petroliferi con la guerra.
Moderatore: Deputato Paul, una domanda per lei. La maggior parte dei nostri alleati più leali, inclusi Gran Bretagna ed Israele, consentono agli omosessuali e alle lesbiche di prestare servizio nell’esercito dichiarandosi apertamente. È ora di finire la pratica di “Don’t ask, don’t tell” e permettere agli omosessuali uomini e donne di lavorare come militari?
Ron Paul: Penso che l’attuale pratica sia dignitosa. Il problema ora è che alcune persone sostengono che i loro diritti derivano dalla loro appartenenza a certi gruppi. Ma ciascuno di noi, non ha diritti perchè è gay, donna, o minoranza. Riceviamo i nostri diritti dal nostro Creatore come individui. Ogni individuo dunque deve essere trattato nello stesso modo.
Se un comportamento omosessuale nell’esercito crea problemi, deve essere affrontato. Ma se comportamenti eterosessuali a loro volta diventano fonte di problemi, devono essere affrontati allo stesso modo. Non è dunque l’omosessualità il punto, ma la definizione e la comprensione dei diritti individuali. Una volta recepito questo, non dovremmo occuparci di altro.
Moderatore: Cynthia, lei vive a Merrimack, New Hampshire. La prego di porre la sua domanda e di alzarsi in piedi. Anche suo marito è con lei.
Cynthia: Si, Michael ha combattuto in Iraq. Abbiamo una domanda sul governo iracheno.
Tutto dicono di ritirare le truppe. Beh, considerando che gli iracheni hanno vissuto 30 anni di dittatura, come facciamo ad essere sicuri che abbiano un governo stabile prima di ritirarci, e che gli iracheni siano capaci di gestirsi? Sennò li mettiamo in una situazione dove potrebbero accettare un altro leader terrorista.
Ron Paul: Beh, ci siamo stati quattro anni e non ha funzionato. Il più grande incentivo che possiamo dare alle loro responsabilità, è la nostra partenza. Non dobbiamo perdere 100 uomini e donne al mese, più di 1000 all’anno. Se vuoi che comincino ad auto-gestirsi, dobbiamo incentivarli con qualche azione di rispetto: penso che dovremmo immediatamente cessare di pattugliare le strade: è un lavoro da poliziotto, non da militare. Non stiamo combattendo una battaglia militare. Siamo in un altro tipo di guerra ora. Prima ce ne rendiamo conto, prima riusciremo ad essere sicuri che non moriranno altri americani. Abbiamo tante cose buone in questo paese, e le dobbiamo promuovere, ma non attraverso l’uso della forza. Dobbiamo dare il il buon esempio, motivando la lor emulazione. Ma non si possono imporre i nostri buoni propositi con le armi, come vogliono i neocons [Wolfowitz, Rumsfeld, Bush, Cheney ecc.]. Non funziona. Woodrow Wilson voleva fare lo stesso, per promuovere la democrazia, tanto tempo fa. Non funziona, e dobbiamo ammetterlo.
Moderatore: Deputato Paul, qual è la questione morale più importante ora negli Stati Uniti?
Ron Paul: Secondo me è la recente accettazione di poter combattere “guerre preventive”. Non penso faccia parte della tradizione americana. Nel passato abbiamo sempre dichiarato guerra in difesa delle nostre libertà o per aiutare qualcuno, ma ora abbiamo accettato il principio di guerre preventive. Abbiamo rifiutato la teoria della guerra giusta della Cristianità. E ora, stasera, sentiamo dire [dagli altri candidati repubblicani] che non siamo neppure disposti a rinunciare all’opzione di un attacco nucleare preventivo contro un paese [l’Iran] che non ci ha fatto niente e non minaccia la nostra sicurezza nazionale.
Intendo dire che dobbiamo fare appello alla ragione sulla questione della guerra e della prevenzione, ritornando alle tradizioni e alla nostra Costituzione, e difendendo le nostre libertà ed i nostri diritti. Non penso che possiamo cambiare il mondo con la forza e le guerre.
Moderatore: La domanda è questa: qual è stato l’errore più grande del Presidente Bush negli ultimi anni?
Ron Paul: Il Presidente si fece eleggere appellandosi ad una politica estera senza pretese, senza nation-building, senza voler essere il poliziotto del mondo. Ha cambiato posizione, e ora siamo in guerra, le nostre operazioni all’estero per mantenere il nostro impero stanno ora arrivando a circa 1.000 miliardi di dollari! È lì che vanno i nostri soldi, ed è lì che bisogna smettere di spendere, per occuparci dell’educazione e delle cure mediche che sono necessarie in questo paese!


Tradotto da Francesco con commenti in [ ] per chiarire alcuni aspetti




Tratto da:
http://transcripts.cnn.com/TRANSCRIPTS/0706/05/se.01.html


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Dibattito televisivo del 3 Maggio 2007


Moderatore: In un sondaggio NBC-Wall Street Journal risulta che solo il 22% crede che questo paese stia andando bene. Deputato Paul, lei votò contro la guerra in Iraq. Perchè tutti i suoi colleghi del Partito Repubblicano hanno sbagliato?
Ron Paul: È un’ottima domanda. Potrebbe anche aggiungere: perchè il 70% degli Americani ci vogliono via dall'Iraq, e perchè i repubblicani sono andati così male alle elezioni l’anno scorso [perdendo la maggioranza in parlamento] ? Io suggerisco di dare un’occhiata alla nostra politca estera. Io sostengo fortemente che dobbiamo avere un politica estera di non-intervento, la politica estera tradizionale americana e repubblicana. Durante il ventesimo secolo il partito repubblicano ha beneficiato di una politica estera di non-intervento. Basti pensare all’elezione di Eisenhower per fermare la guerra in Corea. Basti pensare all’elezione di Nixon per fermare il caos in Vietnam. Come vincemmo le elezioni nel 2000? Parlammo di una politica estera moderata: niente nation-building [ricostruire o rimpiazzare governi stranieri], niente esibizioni da poliziotti del mondo. Questo significa essere conservatore, repubblicano, pro-americano: secondo le intenzioni dei padri Fondatori [Paine, Madison, Washington ecc.]. In più, ciò significa seguire la Costituzione. Ho cercato tanto una soluzione alternativa prima che entrassimo in guerra, dicevo “Dichiarate prima guerra, se volete combatterla. Andate in guerra, combattete e vincete, ma non fatelo per ragioni politiche o in difesa delle sanzioni ONU o facendo finta che gli iracheni siano una minaccia per la nostra sicurezza nazionale.”
Moderatore: Deputato Paul, un ascoltatore ha la seguente domanda: Se lei fosse Presidente, farebbe gradualmente scomparire la IRS [ufficio centrale per le imposte sul reddito] ?
Paul: Immediatamente. E lo si può solo fare cambiando idea sul ruolo del governo. Se pensate che il governo centrale debba prendersi cura di noi dalla nascita alla tomba, e se pensate che il nostro governo debba fare il poliziotto del mondo e spendere centinaia di miliardi di dollari per una politica che non siamo capaci di gestire, non riusciremo mai a far fuori l’IRS. D’altro canto, se vuoi tasse basse e vuoi che il governo smetta di stampare banconote, causare il deficit e generare tutta l’inflazione che la gente paga, devi cambiare politica.
Moderatore: Dunque, Dott. Paul, come costruirebbe una nuova leadership morale, dovendo concilare il conservatorismo dei repubblicani e quello dei libertari conservatori - alla Barry Goldwater - che lei rappresenta?
Paul: Beh, si costruisce chiarendo il ruolo del governo. Se lo scopo del governo è di essere il poliziotto del mondo, perdi la libertà. Se lo scopo è di promuovere la libertà, puoi unire tutte le correnti. Il messaggio di libertà ci unisce, non ci divide. Io credo che quando esageriamo nelle nostre aggressioni militari, indeboliamo la nostra difesa nazionale. Ce l'abbiamo fatta contro i sovietici che avevano 40.000 armi nucleari. Adesso ci agitiamo giorno e notte per nazioni del terzo mondo che non hanno un esercito, né una marina, né una forza aerea, e ci prepariamo alla guerra. Ma il principio, il principio morale, è quello della difesa della nostra libertà e di minimizzare l’estensione del governo.
Moderatore: Deputato Paul, Bob Hussay del Minnesota ci scrive che probabilmente la qualità più importante di un buon Presidente è di fare scelte buone ed intelligenti, spesso in situazioni di crisi. Per favore, citi un esempio nel quale lei dovette prendere una decisione durante una crisi.
Paul: Mi chiedo se si riferisca ad una decisione politica, come candidarsi alle elezioni... Direi che, essendo medico, ho preso molte decisioni critiche. Voglio dire, in continuazione devi prendere decisioni critiche, per salvare vite umane. Non riesco a ricordarmi un avvenimento particolare nel quale ho preso una decisione che abbia avuto un impatto su tante altre persone. Penso che comunque ogni decisione che prendiamo in politica sia critica. La mia scelta politica più importante, che fu una decisione costituzionale, fu di cercare di evitare la Guerra contro l’Iraq.
Moderatore: OK. Ora una tornata di “si” o “no”. Lei è a favore dei finanziamenti federali per la ricerca sulle cellule staminali?
Paul: Queste attività non sono permesse dalla Costituzione. La difficoltà per questi temi è che a Washington, o si vietano o si finanziano. Dovrebbero essere il mercato ad occuparsene, e gli stati singoli [non il governo federale].
Moderatore: OK. Cominciamo con qualcosa di piacevole, va bene? Voglio che ogni candidato ci racconti di una tassazione che eliminerebbe, aldilà dei tagli già effettuati da Bush.
Paul: Beh, nella prima settimana avrei già eliminato la tassazione federale sul reddito. Nella mia seconda settimana, eliminerei la tassa da inflazione. È una tassa di cui non parla nessuno. Viviamo aldilà delle nostre capacità, con una politica estera che non ci possiamo permettere, ed un sistema di sussidi sociali che abbiamo incoraggiato. Stampiamo banconote per questo sistema. Il valore del dollaro scende, e la gente povera paga prezzi più alti. È dunque una tassazione. È un trasferimento di benessere dalla classe povera e media ai finanzieri di Wall Street. Wall Street sta andando piuttosto bene, ma la tassa da inflazione sta sgretolando la classe media di questa nazione. Dobbiamo eliminare questa tassazione usando soldi sicuri [non soldi stampati senza controvalore reale].
Moderatore: Deputato Paul, Carrie dal Connecticut chiede se lei si fida dei grandi mass-media.
Paul: Di alcuni di loro. Direi che mi fido molto più di Internet, e confido nella libertà d’espressione. E quindi non dovremmo mai interferire su Internet. Questa è la ragione per la quale non ho mai votato restrizioni e controlli di Internet. Anche se c’è la tendenza a mettere cose tremende su Internet, le leggi su Internet devono essere fatte diversamente. Comunque, no, credo ci sia abbastanza libertà in questo paese, per credere nella libertà d’espressione. Questo è l’aspetto importante. Ritornando alla questione dei media, penso che uno debba distinguere. Alcuni sono più amichevoli, altri lo sono meno.
Moderatore: Lei è a favore di una carta d’identità nazionale?
Paul: Sono totalmente contrario alla carta d’indentità [nella forma molto invasiva che viene proposta]. È una contradizione totale dell'idea di società libera. Lo scopo del governo è di proteggere la privacy di tutti gli individui, non di proteggere la segretezza del governo. Non abbiamo bisogno di questa ID card.
Moderatore: I Clinton dovrebbero tornare alla Casa Bianca, specialmente il grande Bill?
Paul: Mi conoscono per l’adesione ai miei principi. Votai per l’impeachment [mozione di sfiducia al Presidente], quindi…
Moderatore: … Ogni Presidente venne eletto per correggere i danni causati dal suo predecessore. Naturalmente correggiamo continuamente in questo paese, questa è la democrazia. In cosa lei sarebbe diverso dal Presidente George W. Bush?
Paul: Sicuramente continuerei sul tema di cui parlavo prima, sul fatto che la politica estera debba cambiare. Un signore repubblicano, Robert Taft -abbiamo una sua statua in suo onore al parlamento- proponeva la stessa politica estera che vi propongo io. Lavorerei sodo per proteggere la privacy dei cittadini americani, sarei molto, molto cauto negli arresti senza mandato. Garantirei il diritto di habeas corpus. [garanzia del cittadino verso il sistema giudiziario].




Tratto da:




Tradotti da Francesco ed Andrea con commenti inseriti in [ ] per chiarire alcuni punti

Analisi: i numeri da capogiro della “Ron Paul campaign” 2008

Molti interventi sui grandi network americani sostengono che Ron Paul non riuscirà a vincere le elezioni, per una ragione o per l’altra. Sembrerebbe proprio così.

I sondaggi nazionali lo danno al 4-6% del voto repubblicano; in tv, durante dibattiti e interviste, è spesso aggredito dagli altri candidati, dai moderatori, dai giornalisti. I media non mettono in buona luce il crescendo della Ron Paul campaign.

Per il suo programma lo accusano di isolazionismo, di cedere ai ricatti dell’ “Islamofascismo” e di mille altre cose. Anche se personalmente non sono d’accordo con tutte le posizioni di Paul, la maggior parte di queste critiche hanno poca sostanza e sono inaccurate. Parleremo di questo a breve, ma lo scopo di questo articolo è di fare da contrappeso (basato sui fatti comunque) alla mattanza cui la campagna di Paul viene spesso ridotta, facendo invece luce su fattori che mostrano bene la percorribilità e il potenziale esito di questa campagna.
La versione originale di quest’articolo è stata scritta in Inglese nei primi giorni di ottobre: troverete dunque dati di quel periodo o antecedenti assieme e/o comparati a dati fino al 13 ottobre.


Fondi della campagna elettorale

Negli ultimi giorni del terzo trimestre, nella settimana tra il 24 ed il 30 di settembre, Paul ha raccolto più di $1.2 milioni da 14,000 donatori attraverso Internet, più dei Democratici all’infuori di Obama e Clinton, e più della maggior parte dei Repubblicani. In tre trimestri, la Paul campaign ha raccolto più di $3 milioni su Internet, netto e continuo miglioramento dal primo trimestre, nel quale raccolse $641.000, e sul secondo, nel quale raccolse $2.4 milioni. L'incasso totale, Internet e non, ora ammonta a $5.3 milioni e, lo staff molto oculato ha finora speso pochissimo (al contrario di quasi tutti gli altri candidati che hanno speso più della metà delle entrate).


Traffico Internet
Il sito Hitwise, che monitora il traffico su Internet negli Stati Uniti, contiene una sezione dedicata alla corsa presidenziale. A parte il lancio di Ron come Candidato del Mese di settembre, e il conseguente (breve) riconoscimento alla diffusione popolare della sua campagna, ci sono molte statistiche su cui vale la pena soffermarci. Prima di tutto, nella sezione intitolata “Top Republican Candidate 2008 Websites” dove illustrano i trend dei siti elettorali ufficiali, per la settimana del 15 al 22 settembre Ron Paul era in testa con il 29,52%, Thompson secondo a 26,21%, e tutti e due nettamente al di sopra degli altri (es. Romney 6.99% e Giuliani 9.08%).
I dati dal 30 settembre al 6 ottobre vedono Paul in netta pole position con il 37.3%, Thompson secondo al 17.4%. Romney e Giuliani, confezionati dai media come candidati top, segnano il 10.34% ed il 5.45% rispettivamente.

Un’altra sezione, “Top 10 Presidential Candidate 2008 Search Terms”, mostra i termini di ricerca più usati rispetto a tutti i candidati (Internet solo USA) tra il 22 agosto e 22 settembre. Sommando le percentuali delle voci “Ron Paul” e “Ron Paul 2008” il totale è del 9.44%: è di nuovo primo posto. Thompson ancora secondo al 7.79% mentre Biden, un Democratico, è al 5.03%. È interessante notare che nè Giuliani nè McCain sono tra i primi dieci: la loro percentuale deve per forza essere meno del minimo di tabella, cioè l'1.59%.
Nel periodo 6 settembre - 6 ottobre, sommando ancora i due termini di ricerca riguardanti Paul, si arriva al 10.09%. La Clinton, democratica, sommando “hillary clinton” a “hilary clinton” [la prima versione è quella corretta, ma anche l'altra è molto usata!] dà un 6.69%, mentre Thompson arriva terzo a 5.48%, Giuliani è decimo a 1.73%. McCain e Romney sono fuori dai primi dieci.

Uno dei “fattori Internet” che spingono molto la popolarità di Paul, totalmente autonomo dalla campagna ufficiale, è il sito MeetUp, creato per facilitare l’incontro faccia a faccia di persone con lo stesso passatempo o interesse, in una determinata area del mondo. I membri MeetUp per i candidati alla Presidenza USA discutono, promuovono azione politica senza collegamento alle campagne ufficiali dei candidati, e così amplificano e diversificano il messaggio del loro candidato. Al 2 ottobre, per Ron Paul c’erano circa 50.000 membri in tutto il mondo, divisi in 950 gruppi sparsi per una ventina di paesi (incluso l’Iraq). Il 13 Ottobre diventano oltre 54.000 in 1010 gruppi in 22 paesi.
Mettendo a confronto il sostegno MeetUp di Paul con quello di altri candidati “top” di ambedue i partiti, si notano Obama con circa 5.500 membri e 62 gruppi in 3 paesi; Clinton senza membri; Thompson con 226 membri in 9 gruppi, tutti negli Stati Uniti; Giuliani 6 membri in un gruppo negli USA; Romney 13 in due gruppi USA; McCain 120 in 4 gruppi USA. E' notevole l’entusiasmo per il messaggio di Ron Paul.

YouTube, il sito di videosharing numero uno al mondo, il 2 ottobre forniva più di 31.000 video per Paul ed il suo canale YouTube (RonPaul2008dotcom), con circa 29.500 iscritti e 4.4 milioni di clic, era primo in classifica. Il sito TechPresident, che tiene d’occhio la performance su internet di ogni candidato, il 13 ottobre rileva Paul a quota 4.53 milioni di clic, circa 32.000 iscritti e 36.700 video. Obama è secondo con 3.67 milioni di clic, 11.500 iscritti e 6.700 video. Edwards, terzo a 2.67 milioni di clic, 4.200 iscritti e 5.500 video. Il primo repubblicano dopo Paul è Romney, con 2.35 milioni di clic, 2.700 video e 3.100 iscritti.
Perchè è vitale la questione YouTube nella campagna elettorale? Ci sono un paio di ragioni chiave. Prima di tutto, ci troviamo video creati non solo da professionisti, e dagli staff elettorali, ma soprattutto dai molti utenti giornalieri (Youtube è tra i primi 5 siti per numero di visite nel mondo). Per i candidati alla presidenza si trovano un mix di interviste radio TV, frammenti dei dibattiti, messaggi delle campagne ufficiali, e tante altre cose serie e meno serie. Stracolmo di informazione e discussioni, YouTube è la prova lampante di come si possa venire a sapere molto di più, aggirando il controllo dei media tradizionali ed il loro spettro di discussione limitato. La gente, insoddisfatta, accorre su YouTube, che si è prestato anche come forum per i dibattiti presidenziali (i telespettatori potevano inviare domande tramite un loro video) amplificando il nesso tra la potenza dei nuovi media e l' interesse rinvigorito nei confronti della politica USA.
Infine, la pagina principale di YouTube ha un link verso una sezione interamente dedicata alle elezioni presidenziali. Anche se la maggioranza degli utenti non cerca informazioni politiche, è comunque esposta alla presenza di questo mini-sito di YouTube.

Wikipedia è pieno di informazioni sulle presidenziali. Come si sa, è un’enciclopedia che nella maggior parte delle sue sezioni consente agli utenti di aggiornare le informazioni. Alle scorse elezioni nel 2004, il sito era ancora nella sua infanzia. A luglio 2003, l’enciclopedia registrava meno di 500.000 utenti USA, contro un incredibile 41 milioni nello stesso mese del 2007, cioè un utente internet su quattro negli USA. Wikipedia è ora il dodicesimo sito più popolare al mondo ed è molto probabile che, insieme a YouTube, MeetUp & co, svolgerà un ruolo essenziale nell’informare il pubblico sui candidati. Usando le tabelle fornite dal sito Compete, che analizza il web in termini di traffico ed utenti (simile dunque ad Hitwise), abbiamo altri risultati impressionanti sull’uso di Wikipedia. Sfortunatamente, per ora le statistiche arrivano al mese di luglio. Dopo qualche mese, almeno i numeri sotto la voce (a) dovrebbero essere più alti.
Ecco una suddivisione di dati in quattro categorie fornita da Wikipedia:
– il numero di utenti singoli che hanno visitato la pagina Wikipedia del candidato: (a)
– il tempo medio passato a leggere la pagina: (b)
– la percentuale dedicata al candidato da tutti gli utenti Wikipedia: (c)
– la percentuale di quanti, avendo letto la pagina, hanno visitato il sito del candidato:(d)
Ron Paul 30.960a, 10.22b, 22%c, 42%d;
Mike Gravel 10.505a, 8.83b, 6%c, 45%d;
Barack Obama 41.007a, 7.06b, 20%c, 14%d;
Dennis Kucinich 12.431a, 6.94b, 6%c, 25%d;
Fred Thompson 24.160a, 5.50b, 9%c, 19%d;
Nuovamente, Paul è in testa, soprattutto in confronto agli altri Repubblicani. L’unico di loro tra i primi cinque è Thompson. Sorprendentemente, i dati di Clinton, Edwards, Giuliani e Romney sono piuttosto bassi.

Infine, vediamo spazi popolarissimi come MySpace, Technorati e Facebook dove Paul segna risultati al top. Sicuramente ci sono tanti siti che sfuggono alla mia attenzione. Comunque, generalmente, si può concludere che combinando i vari risultati Internet di Paul, il suo impatto non passerà inosservato per sempre.


Straw polls
Sono piccole votazioni non ufficiali, solitamente si tengono durante feste ed eventi del partito Repubblicano nei vari stati e in sedi locali, per misurare la popolarità dei candidati sul momento. Sul sito ufficiale Ron Paul 2008 si trova una tabella con tutti i risultati. Fino al 30 settembre erano forniti i risultati di 29 straw polls. Sul totale, Paul risultava mediamente nella posizione 2.31 con una media dei voti a suo favore del 29.97 %. Questo gli ha procurato 13 vittorie, 5 secondi posti e 5 terzi posti. Notando che i risultati miglioravano cronologicamente, ho ricalcolato i totali dei mesi di luglio, agosto e settembre per poterli comparare. Il risultato potrebbe fornire una proiezione per il mese di ottobre cosi come un’idea della popolarità del messaggio di Paul “offline”. Luglio, con solo 4 sondaggi, da un risultato medio del 2.25 ed una media del 28.05% dei voti. Agosto, con 14 sondaggi, un 2.5 e 30.42% in media. Settembre, con 10 sondaggi, un 1.9 e
34.51%.
Concludendo, si può verificare un miglioramento progressivo di risultati già buoni, soprattutto se si considera che Paul riceve pochissima attenzione dai grossi media. Dopo il 13 settembre, la sua posizione è ulteriormente migliorata grazie ad oramai 16 vittorie su 33 straw poll (3 nuove vittorie ed un nuovo quarto posto).


I grandi media
Ron Paul sembra tenere la cresta dell’ondata che sale dai suoi tantissimi attivisti, ed inizia a infrangere lo scoglio del silenzio sui grandi media americani. Fino ad ora, spazio quasi solo ai vari Giuliani, Thompson, McCain, Romney, Obama, Clinton, Edwards. Largamente ignorati altri 12 candidati. A Ron Paul si aprono lentamente i varchi: solo dagli inizi di ottobre cominciano ad apparire interviste su Fox, C-Span, MSNBC, CNBC ed articoli su Economist, Washington Post, USA Daily, Times, Boston Globe, Baltimore Sun.
Sorprende che la maggior parte di interviste ed articoli siano piuttosto corretti, si dà spazio alle idee di Ron, senza screditarlo personalmente o dandolo come spacciato politicamente, ignorando il messaggio della sua campagna. A fine settembre era ancora tutt'altra musica…


Gallup poll
Un sondaggio dell’istituto Gallup, a luglio mostra che il 58% dei cittadini crede che i due partiti americani siano talmente inadeguati che servirebbe un terzo partito. Cosa significa esattamente? Forse la stessa cosa che cercavano di comunicare nell’autunno del 2006 eleggendo un Congresso a grande maggioranza democratica: “Via dall’Iraq!”. Combinando questi fattori con la bassissima popolarità dell’attuale Presidente, ed ormai anche del nuovo Congresso incapace di fermare la guerra, sembra che la maggior parte del popolo sia pronta per una trasformazione fuori dalla norma per cercare di salvare ciò che è rimasto della Repubblica degli Stati Uniti.


Conclusione
Quante scelte basate sulla paura o sul criterio del male minore hanno avuto conseguenze negative, specie in confronto alle scelte fatte con tutto il nostro cuore e che ci hanno dato speranza? Una breve riflessione personale dovrebbe portare una risposta facile a questa domanda. Non è necessario rattristarsi!
Gli “esperti” dicono che è impossibile che Ron Paul vinca la nomination del partito, figuriamoci la Presidenza. Gli esperti dissero che il mondo era piatto. Gli esperti ritennero impossibile separare gli atomi. Gli esperti erano convinti che l’uomo non avrebbe mai volato. Per fortuna in ogni epoca storica prima o poi è arrivato qualcuno a mettere in discussione i pareri dei cosiddetti esperti.
Coloro che hanno scelto di dubitare apertamente, nel corso della storia sono spesso stati chiamati pazzi, traditori, cospirazionisti, senza fegato, farabutti ed altro. Spesso solo dopo un processo lungo e doloroso le loro opinioni sono state debitamente riconosciute. A volte troppo tardi. Lo capì magistralmente il filosofo tedesco Schopenhauer quando disse:

“Tutte le verità attraversano tre fasi:
Prima vengono ridicolizzate;
Poi vengono violentemente opposte;
Infine vengono accettate come ovvie.”

Perchè Ron abbia un’opportunità seria verso la Presidenza deve arrivare alla terza fase descritta da Schopenhauer prima delle primarie, a dicembre. Ora la campagna sembra aver decisamente lasciato la prima fase per essere “accolta” nella seconda. E' solo questione di poco tempo arrivare alla terza... Credo sinceramente che ce la farà. Esiste, si percepisce, una visione di speranza, di libertà, di pace, di responsabilità e di maturità: una visione impersonata da quel signore squisitamente sensato, dolce, razionale, tranquillo, intelligente, visionario e saggio che è Ron Paul.




Scritto da Francesco
Tradotto da Francesco e Andrea

L’autore può essere raggiunto su maranelloboy(at)gmail.com per qualsiasi commento,
cosi come su YouTube

martedì 9 ottobre 2007

Il significato del patriottismo

Intervento dell'on. Ron Paul. Camera Usa, 22 Maggio 2007

Introduzione e traduzione di Roberto Toso per Luogocomune

Introduzione

Nessuna giornata negli Stati Uniti è festeggiata con passione e partecipazione al pari del 4 Luglio.
Ogni Americano riconosce con ammirazione ed orgoglio i grandi risultati ottenuti dai Padri Fondatori con la loro riuscita guerra di Liberazione dall'Impero Britannico e la dichiarazione di Indipendenza.
Tuttavia, ogni anno che passa vengono sottratte ai cittadini Statunitensi un numero sempre maggiore e ormai, si teme, in inarrestabile ascesa, di quelle libertà civili duramente conquistate da quegli stessi uomini che vengono incensati nel corso di questa giornata, con parole che nell'attuale contesto risultano ormai svuotate di significato, come Patriottismo, ma anche Libertà, Indipendenza...
Cosa dovrebbe realmente significare l'espressione di "Patriota", e cosa è invece diventata oggi ?
Prova a spiegarlo in un discorso al Congresso degli Stati Uniti il candidato alle Presidenziali 2008 Ron Paul, costantemente ignorato da quegli stessi mezzi di informazione che con grande fanfara anche quest'anno celebrano la famosa ricorrenza.


Traduzione

Per alcuni, il patriottismo è "l'ultimo rifugio dei farabutti."

Non ho mai incontrato nessun politico a Washington, o se è per questo nessun Americano, che abbia voluto essere definito “anti-patriottico”. Né ho mai conosciuto nessuno che non credesse di supportare con tutto il cuore i nostri soldati dovunque si potessero trovare.

Quello che ho sentito troppo di frequente da diverse persone sono forti accuse rivolte ai loro oppositori politici, che siccome la pensano diversamente, essendo in disaccordo con loro sulla necessità di avventure militari all'estero, di essere “anti-patriottici, anti-americani, persone malvagie da disprezzare.”

I primi patrioti Americani erano quegli individui così coraggiosi da resistere con la forza al potere oppressivo di Re Giorgio. Io accetto la definizione di patriottismo come lo sforzo di resistere al potere oppressivo dello Stato. Il vero patriota è motivato da un senso di responsabilità, e dall'interesse non solo per sé stesso, ma anche per la sua famiglia e per il futuro del suo paese, a resistere all'abuso di potere del governo. Egli rifiuta l'idea che patriottismo debba significare obbedienza allo Stato.
La resistenza non deve essere violenta, ma la disobbedienza civile che potrebbe essere necessaria include il confronto con lo Stato e teoricamente il carcere.

Le rivoluzioni non-violente contro la tirannia sono state di successo esattamente quanto quelle che hanno incluso il confronto militare. Mahatma Gandhi ed il Dr. Martin Luther King Jr. hanno conseguito grandi successi politici praticando la non-violenza, tuttavia loro stessi hanno sofferto fisicamente per opera dello Stato.
Ma sia se la resistenza contro i tiranni del governo sia violenta o no, lo sforzo di sovvertire l'oppressione dello Stato merita in entrambi i casi la definizione di puro patriottismo.

Il vero patriottismo oggi ha acquistato una pessima caratterizzazione – almeno dal governo e dalla stampa. Quelli che oggi si oppongono ai metodi anticostituzionali di imporci tasse sul reddito, o di costringerci ad utilizzare un sistema monetario ideato per servire i ricchi a scapito dei poveri, vengono sistematicamente condannati. Questi patrioti Americani purtroppo vengono guardati da molti dall'alto in basso. Loro non vengono mai onorati come difensori della libertà come sono stati Gandhi e Martin Luther King.
Anche i progressisti che si rifiutano di pagare le tasse in segno di protesta contro la guerra vengono infamati, in particolar modo dagli statisti conservatori.

La fedeltà incondizionata allo Stato viene richiesta specialmente in tempo di guerra. La mancanza di supporto per una politica di guerra si dice sia anti-patriottica. Gli argomenti che vengono opposti contro un piano politico in supporto ad una guerra che è stata sferrata, viene ogni volta detto che mettono a rischio i soldati sul campo di battaglia. Questo, essi affermano sfacciatamente, è anti-patriottico e si deve fermare ogni forma di dissenso. Tuttavia è il dissenso verso le politiche del governo che determina quali siano i veri patrioti e difensori della libertà.

Viene convenientemente ignorato che l'unico vero modo per supportare i soldati nella maniera migliore è quello di tenerli alla larga da guerre pericolose, non dichiarate, non vincibili, che sono state decise politicamente. Inviare i soldati in guerra per motivi che non sono realmente collegati alla sicurezza nazionale – e che quindi potrebbero anche mettere a repentaglio quella stessa sicurezza – è difficile che significhi supportare i soldati “in modo patriottico.”

Chi sono i veri patrioti: quelli che si sottomettono o quelli che protestano contro le guerre immotivate ? Come si può affermare che il cieco appoggio alla guerra, non importa quanto possa essere stata sbagliata la condotta politica, sia il dovere del patriota ?
Randolph Bourne diceva che “la guerra è la salute dello Stato.” Con la guerra, egli dimostrò, lo Stato prospera.
I sostenitori di uno Stato potente, considerano la guerra una opportunità. Quelli che diffidano delle persone e del mercato per la risoluzione dei problemi non si fanno scrupoli nel promuovere una “psicologia della guerra” per giustificare l'espansivo ruolo dello Stato.
Questo include il ruolo che il governo federale gioca nelle nostre esistenze e nelle nostre transazioni economiche.
E certamente il credo neo-conservatore che abbiamo un obbligo morale a diffondere i valori Americani in tutto il mondo, attraverso la forza, giustifica la guerra allo scopo di conquistare il supporto interno per la mano dura del governo. E' attraverso questa politica, non dovrebbe sorprendere nessuno, che le nostre libertà vengono ridotte, l'economia sovraesposta ai rischi, e il nostro ruolo in tutto il mondo diventa insostenibile.

Per la paura di venir etichettati anti-patriottici, la maggior parte dei cittadini diventa servile e accetta l'idea che è necessario sacrificare la libertà per combattere una guerra per salvare la nostra sicurezza. Questo nella mia visione è uno scambio sciagurato, specialmente quando viene fatto in nome del patriottismo.
La fedeltà allo Stato e ai leader autocratici si sostituisce al vero patriottismo – cioè, alla volontà di sfidare lo Stato e difendere il paese, le persone, la cultura. Più i tempi sono bui, più forti diventano i moniti che i leader non vengano criticati.

Dato che l'aria di crisi che si crea in tempo di guerra supporta l'espansione dello Stato, qualsiasi problema porta a dichiarare "guerra" – anche alle questioni sociali ed economiche. Questo sprigiona il patriottismo anche a favore delle varie soluzioni del governo nel potenziare il potere dello Stato. La fiducia nella coercizione governativa e il non riuscire a comprendere come operano le società libere, favoriscono i progressisti ed i conservatori amanti dello "Stato onnipotente" che architettano una psicologia di guerra per ottenere la fedeltà politica negli affari interni, necessaria per perseguire la politica estera.
Il costo a lungo termine in dollari spesi e libertà perse viene trascurato mentre si sottolineano i bisogni urgenti.

E' questa la ragione per la quale stiamo portando avanti un gran numero di guerre infinite contemporaneamente. Quindi la guerra alla droga, al possesso delle armi, alla povertà, all'analfabetismo, al terrorismo, così come le nostre avventure militari all'estero, sono eterne.
Tutto questo sforzo favorisce l'espansione dello statalismo a scapito della libertà. Un governo ideato per operare in una società libera dovrebbe fare l'opposto: prevenire la crescita dello statalismo e preservare la libertà.

Una volta che una guerra di qualche tipo viene dichiarata, viene inviato il messaggio che non devi obiettare o sarai dichiarato anti-patriottico. Tuttavia, non dobbiamo dimenticarci che il vero patriota è colui che protesta nonostante le conseguenze che potrebbero derivarne, la condanna o l'ostracismo, e a volte il carcere.
Coloro che protestano in modo non violento contro il sistema fiscale vengono spesso messi in carcere – che sia contro l'incostituzionalità del codice o contro la guerra finanziata dai proventi delle tasse.
Chi resiste alla leva militare, o anche a registrarsi ad essa, viene minacciato e imprigionato per aver sfidato questa minaccia alla libertà.

Lo statalismo dipende dall'idea che il governo ha dei diritti su di noi ed i cittadini devono obbedire. Confiscare i frutti del nostro lavoro attraverso l'imposta sul reddito è cruciale per la salute dello stato. La leva obbligatoria, o anche solo l'esistenza della coscrizione, enfatizza che ci troveremo a dover fare guerra al volere dello Stato. Una società libera rigetta tutti i progetti di schiavitù forzata, che siano la leva obbligatoria o la confisca dei frutti del nostro lavoro attraverso l'imposta sul reddito.

Una tecnica più sofisticata e meno conosciuta per ingrandire lo Stato è la manipolazione ed il trasferimento di ricchezza tramite il sistema monetario fiat operati dalla riservata Federal Reserve. Coloro che protestano contro questo sistema incostituzionale delle monete cartacee vengono considerati criminali anti-patriottici ed a volte messi in prigione per le loro convinzioni. Non importa che, secondo la Costituzione, solo l'argento e l'oro hanno corso legale e le monete cartacee sono fuorilegge. Il principio di patriottismo viene capovolto.

Che si parli della difesa della spesa sociale interna, della tassa sul reddito obbligatoria, di un sistema monetario immorale, o del supporto per una guerra combattuta dopo falsi pretesti e senza una legale dichiarazione, i difensori della libertà e della Costituzione vengono descritti come anti-patriottici mentre coloro che supportano questi programmi, sono loro ad essere considerati patrioti. Se c'è una “guerra” in corso, ci si aspetta che vengano supportati ad ogni costo gli sforzi dello stato di vincerla. Il dissenso non è tollerato.

Il vero problema è che coloro che amano lo Stato sostengono troppo spesso politiche che portano all'azione militare. In patria sono piuttosto inclini a creare un'atmosfera di crisi per sostenere che è necessaria una guerra per risolvere il problema. A queste condizioni le persone sono più portate ad affrontare il peso di finanziare la guerra, ed a sacrificare tranquillamente quelle libertà che a loro viene assicurata sia l'unica cosa da fare.

Gli ultimi sei anni sono stati piuttosto vantaggiosi per la “salute dello Stato”, e questo a spese delle libertà personali. Ogni accresciuto potere incostituzionale dello Stato può formarsi solo a scapito delle libertà individuali.
Anche se in ogni guerra in cui siamo stati coinvolti ne hanno subito le conseguenze le libertà civili, alcune sono state restaurate al termine della guerra, ma mai completamente. Questo ha significato, negli ultimi 200 anni, una costante erosione delle nostre libertà. Il nostro governo fu originariamente pensato per proteggerle, ma ora al contrario ne è diventato l'usurpatore.

Viviamo ora nel periodo più drammatico per quanto riguarda la difesa da un governo centrale in espansione e con una costante erosione delle nostre libertà.
Ci ricordano in continuazione che “l'11 Settembre ha cambiato tutto.” Sfortunatamente, la politica che doveva venire cambiata più di tutte – cioè la nostra politica di intervenzionismo all'estero – non ha fatto altro che espandersi. Non c'è più possibilità che una politica di umiltà negli affari esteri, evitando di fare lo sceriffo del mondo intero a rovesciare ed installare governi, sia meritevole di considerazione. Viviamo ora in un'America post 11-9 dove il nostro governo ha intenzione di renderci sicuri non importa a quale prezzo. Ci si aspetta che noi facciamo buon viso a cattivo gioco e ci adeguiamo quando ci viene sottratta qualche nuova libertà, in nome del patriottismo e della sicurezza.

Anche se gli Americani in larga parte accettarono in un primo momento questo sforzo per renderci sicuri, ed erano inclini a sacrificarsi per la causa, sempre più ora stanno diventando preoccupati che le nostre libertà civili stanno venendo sacrificate in modo pericoloso e non necessario. Il problema è che la guerra all'Iraq continua a trascinarsi ed esiste un reale pericolo che si allarghi. Non si vede una tregua all'orizzonte in Iraq, o nella guerra al terrore o in quella alla droga. La vittoria non è neanche definibile. Se il Congresso è incapace di dichiarare una guerra ufficiale, è impossibile sapere quando finirà. Siamo stati ampiamente avvertiti che il conflitto mondiale in cui siamo coinvolti oggi durerà molto, molto a lungo.

La mentalità guerresca, e la pervasiva paura di un nemico fantasma, consentono una continua erosione delle nostre libertà, e con questo vengono meno la confidenza nella nostra autonomia e la fiducia in noi stessi. Pensate solamente al sacrificio ed all'umiliazione quando passiamo abitualmente agli screening negli aeroporti. Anche se non ci sono prove scientifiche che qualsiasi tipo di liquidi o gel possano venire miscelati a bordo di un aereo per fabbricare una bomba, vengono sprecati miliardi di dollari per buttare via dentifrici e gel e per perquisire vecchiette in carrozzella.
I nostri nemici dicono buh e noi trasaliamo, andiamo in panico, e puniamo noi stessi. Ci comportiamo peggio di un bimbo che ha paura del buio. Ma in un certo modo, la paura di un terrorismo non ben definibile è basata sulla nostra incapacità di ammettere la verità del perché c'è il desiderio da parte di un ristretto numero di Islamisti radicali arrabbiati di uccidere degli Americani. Certamente non perché sono gelosi delle nostre ricchezze e libertà.

Non riusciamo a renderci conto che degli estremisti, inclini a sacrificare le loro stesse vite per uccidere i loro nemici, lo fanno per un senso di debolezza e disperazione dopo attacchi veri o percepiti al loro stile di vita, alla loro religione, al loro paese ed alle loro risorse naturali. Senza i classici metodi diplomatici o militari per rispondere a questi attacchi, e dato che i loro stessi governi non sono intenzionati ad interessarsene, fanno ricorso alla strategia della disperazione del terrorismo suicida. La loro rabbia verso i loro stessi governi, che considerano collusi col Governo americano, è pari se non maggiore di quella che nutrono verso di noi.

Questi errori nel giudicare e comprendere le motivazioni del nemico e la fitta coltre di paura che si è creata ci hanno fatto sprofondare in una crisi dove le nostre libertà e la privacy stanno venendo continuamente erose in nome della sicurezza della nazione. Saremo anche il gigante economico e militare del mondo, ma stiamo fallendo nel tentativo di fermare questa guerra alle nostre libertà qui in patria, in nome del patriottismo.

L'erosione delle nostre libertà personali è iniziata molto prima dell'11-9, ma l'11-9 ha accelerato il processo. Ci sono molte cose che motivano coloro che procedono in questa direzione, alcuni sono in buona fede, altri no. Ma non sarebbe successo se le persone fossero rimaste vigili, conscie dell'importanza dei diritti individuali, e se fossero convinte che il bisogno della sicurezza non giustifica il sacrificio della libertà – anche sia o fosse solo temporaneo.
Il vero patriota sfida lo Stato quando questi inizia ad accrescere il suo potere a spese degli individui.
Senza riuscire a comprendere questo e ad avere una più forte determinazione nell'esercitare il nostro potere, i diritti degli Americani, conquistati dopo l'indipendenza dagli Inglesi, e dopo aver redatto la Costituzione, scompariranno.

Quello che è successo dopo l'11 Settembre è preoccupante. La considerazione per la libertà è peggiorata in fretta.
Molte delle nuove leggi promulgate dopo l'11-9 erano in realtà state proposte molto tempo prima. L'atmosfera politica dopo l'attacco ha semplicemente reso possibile che questo tipo di legislazione potesse passare. Il terrore generato dall'11-9 è diventato un'opportunità per coloro che volevano espandere il potere dello Stato negli affari interni, così come è servito per giustificare falsamente un'invasione, quella Irachena, pianificata da lungo tempo.

La mentalità di guerra è stata creata dal conflitto Iracheno combinato ai costanti tamburi del terrore qui da noi. Nessuno si occupa di Al Qaeda e Osama bin Laden, che ora si suppone sia in Pakistan, un nostro presunto alleato, mentre le nostre truppe combattono e muoiono in Iraq e sono stati resi dei più facili bersagli per i terroristi nel loro cortile di casa. Mentre i nostri leader sfruttano di continuo il caos che abbiamo creato per giustificare ulteriormente le erosioni dei nostri diritti costituzionali qui in patria, non ci curiamo dei nostri stessi confini e supportiamo il cammino inesorabile verso il governo mondiale: è difficile che questa sia una buona strategia per l'America.

Gli accelerati attacchi alla libertà sono iniziati subito dopo l'11-9. Nel giro di settimane fu approvato a schiacciante maggioranza dal Congresso il Patriot Act.
Anche se la versione finale non fu disponibile che poche ore prima del voto - nessun Membro ebbe il tempo sufficiente per capirla o anche solo per leggerla - la paura politica del "non fare nulla", anche fosse qualcosa di dannoso, portò i Membri del Congresso a non metterne in discussione i contenuti ed a votarla e basta. Un pò di libertà in meno per un pò di sicurezza percepita in più fu considerato un buono scambio - e la maggioranza degli Americani lo applaudì.
Il Patriot Act, tuttavia, ha eroso pesantemente il sistema dei "pesi e contrappesi" conferendo al governo il potere di spiare i cittadini non sospettati di alcun reato, e senza supervisione giudiziaria. Le molte clausole che minano le libertà di tutti gli Americani includono: perquisizioni e sequestri segreti; una più inclusiva e più vaga definizione di "terrorismo interno"; il permesso all'FBI di accedere ai registri di biblioteche e librerie senza autorizzazione o un ragionevole motivo; procedure semplificate per intercettazioni e perquisizioni, nonchè intercettazioni indiscriminate; accesso semplificato alle informazioni sui cittadini Americani quando usano Internet; ed un più facile accesso alle e-mail ed alle transazioni finanziarie di tutti i cittadini Americani.

L'attacco alla privacy non si è allentato col passare degli ultimi sei anni. Il Military Commissions Act è una legge di enorme portata che, se non verrà stracciata, sfigurerà l'America poichè sta usando ed abusando dei poteri garantiti incostituzionalmente al Potere Esecutivo.
Questo provvedimento garantisce una eccessiva autorità ad usare commissioni militari segrete lontano da dove hanno luogo le attività ostili. Il Military Commissions Act permette la tortura, la detenzione arbitraria di cittadini Americani come nemici combattenti fuorilegge alla piena discrezione del presidente e senza il diritto all'Habeas Corpus, oltre che investigazioni illegali della NSA [l'Agenzia per la Sicurezza Nazionale, n.d.t.
]. Esso da anche al presidente il potere di incarcerare persone sulla base di testimonianze segrete.

Dopo l'11-9, le dichiarazioni firmate dal Presidente che indicano delle parti di legislazione che il Presidente non intende seguire, anche se ciò è illegale ai termini della Costituzione, si sono moltiplicate enormemente. Gli Ordini Esecutivi incostituzionali sono numerosi e nocivi e devono venir diminuiti.
Si è fatto un ampio utilizzo delle extraordinary rendition in giro per il mondo, anche se ovviamente al di sopra della legge.
Una crescente preoccupazione nella situazione post 11-9 sono le liste del governo federale dei potenziali terroristi, che si basano su prove segrete. Errare è umano ed alle volte è praticamente impossibile far rimuovere un nome dalla lista, anche se l'accusato è del tutto innocente di qualsiasi atto illecito.

Sta venendo implementata una ID Card [documento di identità] nazionale. E' denominata Real ID card ed è collegata ai nostri dati della previdenza sociale e alla nostra patente di guida. Se la Real ID non verrà fermata diventerà una patente/carta di identità nazionale per ogni Statunitense: saremo costretti a portare sempre appresso i nostri documenti.
Pochi hanno notato, ed ancora meno discusso, le modifiche legislative apportate all'Insurrection Act del 1807 ed al Posse Comitatus, dal Defense Authorization Act del 2007.

Questi cambiamenti avanzano una minaccia alla sopravvivenza della nostra repubblica conferendo al presidente il potere di dichiarare la legge marziale per ragioni risibili come il restaurare "l'ordine pubblico." La legge del 1807 restringeva duramente il presidente nell'utilizzo dell'esercito entro i confini degli Stati Uniti, ed il Posse Comitatus Act del 1878 rafforzava quelle restrizioni aggiungendo una rigida supervisione del Congresso.
La nuova legge permette al Presidente di eludere le restrizioni di entrambe le leggi.
L'Insurrection Act [Legge sull'insurrezione] è diventato ora "Legge sull'Imposizione dei provvedimenti per Restaurare l'Ordine Pubblico." Questo è un titolo che difficilmente suggerisce che gli autori hanno tenuto in considerazione, o hanno capito, la natura di una repubblica costituzionale.

Ora, la legge marziale può venir dichiarata non solo per una "insurrezione" ma anche per: "Disastri naturali, motivi di salute pubblica, attacchi terroristici o incidenti", o vagamente per quelle che vengono definite "altre condizioni." Il Presidente può convocare la Guardia Nazionale senza l'autorizzazione del Congresso o dei Governatori e inviare queste truppe federali in altri stati.

La Repubblica Americana è in uno stato decadente. Sono state poste le basi per farla infine trasformare in una dittatura militare e sembra importare a pochi.
Questi precedenti legislativi sono estremamente pericolosi e se non verranno annullati cambieranno la giurisprudenza Americana per sempre. Le conseguenze benefiche della nostra rivolta contro gli abusi del re stanno per venire cancellati e pochi Membri del Congresso, così come pochi Americani, sono al corrente della gravità della situazione. La compiacenza e la paura spingono la nostra legislazione senza alcuna seria obiezione dai nostri leader eletti.

Ma tristemente, quei pochi che protestano verso questa strada che è stata chiaramente intrapresa in cui si espande l'impero all'estero e si riducono le libertà personali vengono dipinti come anti-patriottici e menefreghisti.
Anche se i sussidi sociali ed il socialismo falliscono sempre, chi si oppone loro viene detto manchi di compassione. Anche se l'opposizione ad una guerra del tutto inutile dovrebbe essere una posizione morale condivisa da tutti, la retorica viene capovolta per sostenere che i patrioti che si oppongono alla guerra non stanno "supportando le truppe." Il mantra del "supportare le truppe" viene incessantemente usato come un sostituto dell'inaccettabile idea di "supportare la politica" non importa quanto sia sbagliata. Una politica folle non può mai "aiutare le truppe."
Tenere i soldati fuori dal pericolo e dalle guerre non collegate alla nostra sicurezza nazionale è il solo vero modo per "aiutare le truppe."

Se capiamo questo, allora chi è che può fregiarsi del titolo di "patriota" ?

Prima che la guerra in Medio Oriente si allarghi e diventi un conflitto mondiale, per il quale saremo ritenuti responsabili, o prima che le libertà degli Americani verranno soppresse al punto che non saremo più in grado di resistere, c'è molto da fare. Il tempo è poco ma la direzione delle nostre azioni dovrebbe essere chiara. Dobbiamo resistere all'illegale e incostituzionale usurpazione dei nostri diritti. - l'educazione, l'azione politica convenzionale, o anche la disobbedienza civile pacifica - per portare ai cambiamenti necessari.

Ma non lasciate che si dirà che non abbiamo fatto niente.

Non lasciamo che gli amanti del potere del welfare/warfare [sussidi/guerra] di Stato etichettino i dissidenti come antipatriottici o menefreghisti. Il patriottismo ha più in comune col dissenso piuttosto che con il conformismo o il desiderio cieco di sicurezza. Comprendere le splendide ricompense di una società libera ci deve far lottare per essa senza timore, quando si realizza che il massimo benessere e la più maggiore speranza di pace vengono da una società che rispetti la libertà individuale.

Intervista: Ron Paul al giornale "Orange County Register"

Il fenomeno Ron Paul
Il deputato texano probabilmente non diventerà Presidente*, ma la sua campagna già rappresenta il movimento pro-libertà più massiccio della storia Americana contemporanea.

La notizia più grande della campagna di Ron Paul sono i 5.08 milioni di dollari raccolti durante il terzo quadrimestre di quest’anno. Non sono nè i 27 di Hillary nè i 6 o 7 che Mitt Romney si è donato [essendo multimilionario]. Comunque, è una somma che conta, anche a livello di una campagna per la Presidenza.

Ron Paul potrebbe ben essere il candidato che sfonderà. Qualsiasi cosa succeda, la campagna si è trasformata nel movimento di massa pro-libertà più grande nella storia Americana contemporanea, forse di tutta la storia del paese.

All’inizio veniva visto come un candidato ‘internet’ che dominava i sondaggi internet dopo i dibattiti televisivi Repubblicani. Man mano che altri eventi avevano luogo, si scoprì che la campagna era capace di ‘materializzare’ questo sostegno: larghe folle di entusiasti di tutte le età, tra cui studenti universitari, famiglie giovani, vecchi Goldwateristi e Reaganisti, hippy e biker. Pensate che Ron Paul ha raccolto più soldi degli altri Repubblicani da coloro in servizio militare attivo. Durante gli eventi comuni, la gente cominciava a notare che la Ron Paul Revolution sembrava sovrastare in numero la quantità degli striscioni degli altri candidati del partito. A dire di più, hanno più striscioni di tutti gli altri candidati messi insieme.

Un sostenitore e blogger di Paul di Pittsburgh che attese un raduno ci raccontò una storia interessante. Era venuto a vendere magliette per aiutare a finanziare quello che lui sperava sarebbero centinaia di persone della Pennsylvania caricate in autobus per andare a New Hampshire durante la settimana delle primarie [l’elezione primaria del New Hampshire è una delle prime, ed è largamente considerata la più importante in assoluto per vincere la nominazione del partito]. Verso la fine del raduno un signore che girava si avvicinò e ci mostrò una buona quantità di banconote. Voleva comprare una maglia Ron Paul per ogni bambino nella folla (circa 50). Scoprii che aveva già donato il massimo di 2300$ e che dunque cercava altri modi nei quali dare una mano.

Questo illustra l’aspetto del volontariato di questa campagna grass-roots che probabilmente ‘vale’ molto di più di quei $5 milioni. Lew Rockwell, proprietario del popolare sito Libertario lewrockwell.com, mi disse che ogni volta che ha atteso un avvenimento della campagna, ha visto almeno una dozzina di tipi di magliette, di bumper sticker, di spille e altri oggetti venduti o distribuiti. “Tutta roba bella, non delle schifezze fatte in casa”, disse, fatti da volontari di Ron Paul. La campagna di Paul è evoluta verso una “organizazzione autosufficente, decentralizzata, colma di individui che preparano iniziative locali”, mi disse Rockwell.

Com’è allora che un nonno di 72 anni che sembra fragile e mingherlino in TV a diventare una specie di rock star dei Repubblicani, quasi calpestata ad ogni occasione per strappargli un autografo? Allevato a Pittsburgh, Ron Paul frequentò l’università di medicine a Duke, servì nell’aeronautica militare, e cominciò la sua pratica di ginecologia vicino a Houston. Lungo il cammino cominciò a leggere scrittori quali Ludwig von Mises e Friederich von Hayek e divenne un gran sostenitore dell’economia di mercato libera e dello standard aureo [vedi la Scuola Austriaca d’Economia].

Una volta arrivato in Congresso, la sua procedura standard è stata di domandarsi, prima di ogni votazione, se la legislazione che stava per essere proposta era autorizzata esplicitamente dalla Costituzione. Se la risposta era ‘no’, votava contro. Questo gli procurò il nick "Dr. No."

L’aspetto più signigicativo della sua campagna Presidenziale è la guerra in Iraq. È l’unico dei candidati (assieme a Kucinich e Gravel del partito Democratico) ad aver votato contro l’autorizzazione all’uso della forza in Iraq. Usa l’Iraq, e ormai il 70% del popolo crede che questa Guerra fu un errore, per allargare la discussione e presentare la sua visione di una politica estera di non-intervenzionismo che includerebbe ritirare le truppe dalla Corea, dalla Germania, dal Giappone, e da altrove, e di farci gli affari nostri.

Questa è roba radicale, come mai c’è un sostegno talmente forte? Rockwell crede che una parte della spiegazione stia nel fatto che economisti ed altri intellettuali hanno avvocato una economia ed una società libere dagli anni trenta e ora c’è una massa critica che ha studiato la libertà e la sostiene. Aggiungendo poi che l’Internet e altre forme di communicazione hanno consenstito alla gente che si sarebbe forse sentita isolata nelle lore idee di communicarle e trovare altri che la pensavano ugualmente. In più, abbiamo avuto più di sei anni di una Presidenza Repubblicana che non solo è stata aggressiva militarmente ma ha aumentato le spese domestiche ed iniziato programmi federali, lasciando tanti Repubblicani tradizionali sbigottiti.

Forse importante quanto le idee, che sono al cuore della campagna Paul, è lui stesso. Non è un gran oratore, anche se si esibisce sufficentemente bene durante i dibattiti e le interviste. Probabilmente è il suo modo di fare che ha un suo appeal: non urla e non gesticola ed è tenace nel difendere ciò in cui crede. Qualora la gente sia d’accordo o no, rimane l’impressione che Paul creda veramente in quello che dice, invece di fornire un messaggio aggiustato per riflettere le opinioni emerse dagli gli ultimi sondaggi.


*Questo commento iniziale, sfortunatamente, viene spesso usato nei media network maggiori, spesso all’inizio dell’articolo. Secondo me, è un trucco deliberatamente usato che fa/per far perdere credibilità al resto dell’articolo, qualsiasi cosa venga scritta dopo cade nel nulla. Lo trovo disgustoso per un giornale. Infatti, se leggete i commenti sull’articolo, in quasi ognuno di essi l’autore viene complimentato per l’articolo e castigato per quel commento iniziale.


L’articolo è stato tradotto ed abbreviato da Francesco

Tratto da:
http://www.ocregister.com/opinion/paul-campaign-million-1881364-ron-people